Da giorni la “Robredo” è in fuga, braccata sulle dune da una nave tre volte volte più grande. Ecco il breve Prologo al volume, uno dei numerosi inserti nuovi che introducono i quattro capitoli della mini saga…

L’orizzonte è vuoto. La nave che c’inseguiva è scomparsa. Volatilizzata. La sabbia è nostra. Dovrei rallegrarmene, ma non è così. Abbiamo continui repentini cali di pressione, le caldaie sono in affanno, i motori allo stremo. Ogni progresso sulle dune è un azzardo, una scommessa. Non moriremo spolpati dal nemico, ma il deserto ci reclama, lo sento.

Per venire in cabina ho fatto una digressione di percorso e sono passato davanti al boccaporto dello pneumosnodo di prua. Ho provato un brivido e credo che non mi aggirerò più in quei paraggi.

 
Garrasco sollevò la testa dal diario di bordo, rivolse l’attenzione alla boccia di vetro che teneva sullo scrittoio e rimosse il fazzoletto che ne copriva l’imboccatura. Dentro, annegato in cinque dita di sabbia purificata, riposava un piccolo cardo mangiaruggine, il suo silenzioso compagno di cabina.

Stelo e corolla non si vedevano, interamente sprofondati nel loro minuscolo deserto. A fianco, una ciotolina colma di vecchie viti e bulloni. Garrasco ne pescò un paio e li fece cadere nella boccia. In un primo momento non accadde nulla. Riprese lo stilo tra le dita e tornò al diario, senza rimettere il fazzoletto al suo posto…
 
Forse dovrei parlare all’equipaggio, ma non voglio abusare della sua pazienza. Gli uomini sono esausti, molti di loro non dormono da trentasei ore. Faremmo tutti meglio a…

Accompagnato da un piccolo geyser di sabbia, qualcosa schizzò in aria, volò a un metro d’altezza e ricadde sui fogli di carta macchiando d’inchiostro l’ultima riga. Granelli finissimi si sparsero sulla carta. Garrasco li spazzolò nel palmo di una mano e con l’altra raccolse la piccola vite che era stata risputata dalla sabbia. Non c’era più traccia di ruggine e il gambo – lucido come argento – sembrava fresco di filettatura. Garrasco si voltò a osservare la boccia trasparente.
 
Il cardo mangiaruggine aveva drizzato lo stelo e sembrava sfidare lo sguardo del comandante della Robredo, la corolla serrata intorno al secondo boccone. – Piccolo infame bastardo! La pianticella si accucciò sulla sabbia ruminando. Un attimo dopo sparò la seconda vite contro il vetro della boccia e la mandò in frantumi.

– CAZZO! – Garrasco scattò indietro. Il calamaio si rovesciò, impregnando d’inchiostro la sabbia che si era riversata sul diario di bordo. Garrasco sollevò le braccia, imprecò di nuovo ed uscì dalla cabina sbattendo la porta. Era anche lui teso come una corda di violino. Da quanto tempo non chiudeva occhio? Forse – pensò – era meglio andare in plancia e vedere come se la cavava il secondo pilota. Il deserto, quello vero, era sempre uno spettacolo da guardare…