Non sono trascorse neppure due ore dallo scontro navale con la Robredo, e la titanica Afritania – semidistrutta e agonizzante – è alla deriva nel deserto. Sulla sua strada, due giovani raccoglitori di mangiaruggine, di ritorno a casa con il loro magro bottino. Un assaggio del primo capitolo della nuova tranche di storie ambientata su Mondo9…

“È morto?”.
Walid socchiuse gli occhi, allungò cautamente il sandalo sulla carogna verdastra che giaceva ai suoi piedi e abbassando il fazzoletto dalla faccia storse la bocca in un “Sì”. Soltanto sì.
“Morto quanto?”.
“Morto morto!”. Con la suola rivoltò uno dei petali adagiati sulla sabbia. Sembrava la lingua carnosa di un grosso animale; verdognola sopra è maculata di scaglie luccicanti di sotto. E puzzava come una carogna rimasta un giorno intero sotto il sole.

“Le vedi quelle pagliuzze di ruggine fresca?” chiese a Naila. “Ha appena mangiato, il bastardo?”.
Gli indizi che avesse ragione c’erano tutti: il tanfo che emanava, innanzitutto, e poi le sacche piene di gas da scoppiare. Ma cosa parlava a fare, la sua compagna di raccolta non era che una stupida mocciosetta di tredici anni. D’accordo, un genietto a far di conto, ma pur sempre una zavorra inutile da portarsi a spasso. Una femmina!
“Lo abbiamo ucciso?”.
“Abbiamo?” Che razza d’impertinente stronzetta!
“E adesso?” incalzò la ragazzina.
“Adesso cosa?” si spazientì Walid. Andare a caccia coi più piccoli significava rispondere a una teoria infinita di domande cretine. E con le femmine era anche peggio. “Adesso lo tagliamo e lo portiamo a casa! Cazzo, non ti va proprio di tenere chiuso il becco con questa puzza!”.
“E le sacche di gas?”.

Walid la spinse via in malo modo e si accovacciò sui talloni. Facendo un rapido calcolo, il mangiaruggine doveva essere lungo sei/sette metri e con la porcheria che aveva in corpo, poteva pesare una trentina di chili, forse qualcosina di più. Estrasse il coltello facendo scorrere rapidamente gli occhi da un capo all’altro dello stelo per valutare dove incidere il primo taglio. La compagna, Naila, non sarebbe stata di alcun aiuto, meglio cacciarselo bene in testa da subito… Se non come animale da soma per trasportare – trascinandole nella sabbia – le preziose bocce che contenevano i gas usati per saltar su dalle profondità delle dune. Attenzione però a non strisciarle su una pietra, con il rischio di farle esplodere.

Più che semplici fiori, i mangiaruggine – soprattutto quelli più grandi – erano uno strano ibrido tra mondo animale e vegetale, un incrocio tra specie, un accrocchio di bestia, pianta e conchiglia. Imparentati per giunta con le pistole, dato che oltre a spararsi fuori dalla sabbia utilizzando la miscela di gas generata dal loro apparato linfatico se ne servivano anche per espellere a decine di metri di distanza i rifiuti del processo digestivo.
O almeno, così a Walid piaceva pensarli. Fottute pistole vegetali, caricate a schegge di metallo…
Appoggiò la lama in un punto che gli sembrava adatto e premendo con tutte le forze recise il gambo in due tronconi. Non c’era bisogno di farlo a dadini (a quello avrebbe pensato il vecchio pneumosnodo nel quale abitava); dello stelo bastavano sì e no quattro pezzi. E altrettanti spicchi della corolla, molto più difficile da tagliare, tanto che spesso, in situazioni analoghe, avevano dovuto desistere e risolversi a trascinarla nella sabbia così com’era, intonsa.
“Vieni a darmi una mano, Naila!”.

La ragazzina gli trotterellò al fianco. Non aveva combinato nulla, se non saltellare da una parte all’altra dello stelo, rischiando di mettere un piede dove non doveva. “Toglimi questo pezzo dalle palle!”.
Naila afferrò il gambo con entrambe le mani e cominciò, faticosamente, a trascinarlo di lato. Poteva essere un serpente, il tronco di un albero, la colonna vertebrale di un gabbiofante. La ragazzina non aveva visto nessuna delle tre cose, ma mille volte era rimasta sveglia ad ascoltare suo padre che ne parlava.
“E attenta dove metti i piedi!”.

Con la mutilazione, il lezzo di marcio si era fatto ancora più pungente. Era un misto di carne in putrefazione, scoreggia bovina e vegetazione fermentata… Con una nota di vomito fresco.
Walid si rammaricò di non essersi allontanato da casa su un pettinatore; se lo avesse fatto avrebbe potuto issare a bordo la carcassa senza dover marciare a piedi per miglia e miglia, incalzato dalle domande idiote di un Naila stanca, insofferente e probabilmente affamata.

Ma i pettinatori erano trabiccoli lenti e molto difficili da nascondere. Specie se intorno, tra le dune, si stava consumando una guerra che non risparmiava nessuno, uomini o macchine che fossero, carne o metallo. E poi girava voce che da qualche parte lì nei paraggi si muovesse una nave grande come mezza Mecharatt: un pachiderma moribondo che procedeva a passo di lumaca, col suo carico di putridi cadaveri abbrustoliti dal sole…