Sul primo numero della nuova “Next Station” Salvatore Proietti mette sotto la lente “L’algoritmo bianco” e il suo protagonista, Gregorius Moffa. Con interessanti considerazioni sul sottoscritto, la fantascienza italiana, il post-cyberpunk e la narrativa di genere d’Oltreoceano…

Curioso trovare, in un’opera apertamente, volutamente di contaminazione, quei codici e linguaggi che rendono la fantascienza diversa da ogni altro tipo di letteratura, e trovarli nella loro forma più pura. Curioso ed entusiasmante“: comincia con queste parole il lungo articolo che Salvatore Proietti, traduttore, saggista, grande esperto di SF e profondo conoscitore della narrativa angloamericana ha voluto dedicare al mio “L’algoritmo bianco” (Urania, marzo 2009).
 
Partendo dal mio dittico di storie, Proietti traccia un’articolata e lucida disamina sul genere e sui suoi meccanismi espressivi. E individua nella fantascienza italiana più recente il “compimento di  un processo di interiorizzazione della lezione del cyberpunk e di Blade Runner” che apre nuove e interessanti prospettive…
 
Su Gregorius Moffa, protagonista di entrambe le storie contenute ne “L’algoritmo bianco” scrive ancora Proietti: “Il protagonista è indubbiamente il punto cardine, e Tonani ha dimostrato un perfetto senso della misura. Dicendo di meno, Gregorius Moffa sarebbe stato un action hero tutt’altro che all’altezza di un genere sempre più sofisticato. Dicendo di più, si sarebbe caduti in un superomismo stucchevole. In un romanzo di SF, il ruolo del personaggio è soprattutto quello di “filtro”: ci mostra il più possibile del suo mondo semplicemente vivendo la sua vita. Questo Moffa lo fa benissimo, nonostante la sua presunta, nuova solo per noi, “bidimensionalità” (ma non si era detto lo stesso, a suo tempo, del Case di William Gibson, e di tutto Neuromante?). Attraverso i suoi occhi reali e virtuali, passano fulminei flussi di dati, affastellati ma rigorosi nella loro necessità, che tracciano l’essenziale di questa Lombardia del 22° secolo e dell’inquietante agoverso. The street finds its own uses for things, diceva un racconto di Gibson. Nelle strade di Milano e di Picta, Moffa cerca di muoversi, di sopravvivere e tirare avanti, facendo il proprio lavoro da buon professionista e uomo di parola che non fa troppe domande ma non smette di guardarsi intorno; consapevole di essere una pedina e non uno dei giocatori dietro le quinte, sa usare e soprattutto nominare tecnologie che gli sono estranee. Non è stato lui a crearle, al massimo può cercare di trarne qualche vantaggio, o di sfuggire alle loro minacce”.
 
Dario Tonani ci ha abituato ai suoi personaggi poco riflessivi ma pronti a fare la cosa giusta. Se lo spettro dei generi da lui affrontati sta diventando sempre più ampio (fantascienza, orrore, thriller), non dovremmo spaventarci se presto dovessimo abituarci anche a considerare Tonani come un “autore” nell’unico senso che conta: uno scrittore dalla firma sempre più personale. Forse, un Elmore Leonard in the making.
 
Benzina sul fuoco, che anche Moffa – notoriamente piuttosto immune alle lusinghe – apprezzerebbe molto.
 
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