«Scusi, ma come le è venuta l’idea di questo romanzo? Insomma, i cadaveri volanti… ammetterà che la fantasia non le manca».

«Vero. Un po’ come le navi a ruote, non le pare? Non riesco mai a fermarmi alla prima parola. Insomma, “navi” era sufficiente. E con cadaveri-e-basta nessuno avrebbe tirato in ballo la follia, l’estro, la creatività un po’ bizzarra. Venga più vicino, voglio confidarle un piccolo segreto.

Fanart Giovanni Simioni.

Ho scoperto che a usarle come vagoni di un treno, le parole finiscono per portare a bordo un bel po’ di clandestini. Ebbene, nella realtà ciò che è clandestino è di per sé una storia. Solo le “cose” che non hanno alcun titolo per essere in un determinato luogo – e in un determinato tempo – diventano trama/racconto/avventura. Per questo non mi fermo mai alle prime parole, quelle che pagano il biglietto per un posto sedute…».


Questa la risposta a una domanda che mi sento fare molto spesso. «Le idee da dove ti vengono?». Tanto che stavolta ho deciso di giocare d’anticipo e affrontare direttamente l’argomento nei Ringraziamenti del mio ultimo romanzo, “Il trentunesimo giorno”. Qui, riporto un breve estratto di quella paginetta e mezza piena zeppa di nomi, ruoli e riconoscenza. Senza treni e clandestini, però, usando altre parole. Per spiegare che, come in una fiaba nera, tutto è cominciato con una violenta tempesta…

Questo romanzo è nato da una tempesta. E dagli scuri di una mansarda-studio che mi lasciavano inquadrare solo due scacchi di cielo; nord e sud, fronte nuvoloso e ultimi raggi di sole. A mia scelta. «Hai visto quelle sagome che galleggiano lassù?». Passare da una finestra all’altra e cambiare prospettiva aiuta. Placa i tormenti, dona entusiasmo, arricchisce, rigenera. Vale per gli psicologi che elogiano le virtù del “pensiero laterale” e di quello “divergente”, vale a maggior ragione per gli scrittori che dall’osservazione (della realtà e di se stessi) ricavano i punti di riferimento di cui farsi beffe, alla ricerca invece di quelli di “ribaltamento”, senz’altro più produttivi. A volte mutare prospettiva è consapevole, altre no: i casi della vita ci pongono di fronte a burrasche furibonde e improvvise, a raffiche di vento impetuose (e cambiare finestra non si può!). E allora… giù di pensiero laterale o divergente! Si abbandona il sentiero battuto fino al giorno prima e si procede per la via obliqua, nell’erba alta, magari a piedi scalzi“.

Illustrazioni di Diego Capani (circo) e Giovanni Simioni (Evelyne e Camise).