Le “Cronache” sono introdotte eccezionalmente non da una,
ma da due prefazioni: la prima in ordine di apparizione è quella di Franco Brambilla,
la seconda è del curatore della collana. Questa.

A parte alcuni romance particolarmente audaci o addirittura sarcastici, come il Viaggio nello spazio di John Jacob Astor (1894) che contiene la descrizione di una luna di miele nel sistema solare, all’origine della fantascienza moderna non c’è l’immagine del pianeta estraneo o esotico. C’è piuttosto l’idea di una Terra che si arrende incondizionatamente agli arditi esploratori vittoriani, come nei romanzi geografici di Jules Verne, o si vede assediata da catastrofi e visitatori cosmici, come nei racconti di H.G. Wells. Tuttavia dopo le imprese lunari dell’ingegner Cavor (nei Primi uomini sulla luna di Wells, 1901), il pianeta esotico tornerà in auge nella science fiction popolare, quella pubblicata sulle riviste e nei libri economici degli anni Dieci e Venti.

Unendo il senso del grottesco dei Primi uomini sulla luna alle popolarizzazioni di scoperte reali o presunte dell’astronomia, come la teoria dei canali di Marte avanzata dagli astronomi Giovanni Virginio Schiaparelli e Percival Lowell (1877), i racconti della vecchia fantascienza rinverdirono il tema del volo spaziale e poco tempo dopo spostarono il focus dal viaggio in sé al mondo misterioso che i primi astronauti avrebbero raggiunto, come avviene nei fumetti di Flash Gordon creati da Alex Raymond. Di qui sorge la domanda: è più bello assistere alla progettazione dell’astronave, al suo volo sperimentale, alle lotte intestine tra l’equipaggio e i vari scienziati, al raggiungimento della meta con relativa, metodica esplorazione… o sbarcare subito su Mongo, Barsoom, Mondo9 e vedere che razza di ambiente ci aspetta e quali avventure? Qui i gusti dei lettori si dividono.

I primi ameranno sempre la variante tecnologica proseguita da A. E. van Vogt in Crociera nell’infinito e Arthur C. Clarke con tutta una serie di opere somme; i secondi si appassioneranno senza freni alle avventure planetarie di Edgar Rice Burroughs, Leigh Brackett e Jack Vance, autori che nei loro cicli più famosi perdono poco tempo nello spazio o negli scafi (che notoriamente “puzzano”, come si diceva già negli anni Quaranta) e sbarcano felicemente su mondi colorati, impossibili ma descritti nei minimi particolari come il regno di Ruritania.

Ci voleva un italiano, Dario Tonani, per inventare un mondo esotico che fosse, al tempo stesso, “puzzolente” ed eroico, mefitico e moderno, anzi post-moderno come una novella di Oz riscritta da Philip José Farmer. Grazie a lui nasce il primo “planetary romance” del XXI secolo, e il primo che adotti come bandiera il colore della ruggine, non dell’abbronzatura dei pettorali, il giallo della paura anziché del pancino di una principessa (su Mongo, si ricorderà, Aura figlia di Ming aveva il corpo seminudo tutto giallo, anche se non mancavano ragazze di altre disposizioni e colori). Nelle pagine di Mondo9 e del suo seguito Mechardionica, entrambi compresi in questo festoso volume, la saga che ha appassionato migliaia di lettori dall’Italia al Giappone entra nella sua piena maturità: tutte le avventure scritte finora da Dario Tonani vi sono comprese, nessuna esclusa, e tutte sono anche disponibili in versione e-book. Si vocifera che l’autore stia componendo un nuovo romanzo di Mondo9, ma questo appartiene al futuro e al diritto di prelazione che Urania detiene sulle prossime cronache del rugginoso pianeta.

Tonani è anche uno dei pochissimi autori di ”planetary romance” ad aver sposato questa vena con il clima steampunk oggi tanto variamente respirato. Lo steampunk, come i nostri lettori ben sanno, è il genere di fantascienza – a volte ucronico, a volte no – che descrive società tecnologiche ferme all’era del carbone e del vapore. È il trionfo vittoriano sulla science fiction, che in fondo, come i primi computer, fu concepita in quell’epoca.

Su Mondo9 non esistono tecniche più avanzate, non c’è l’elettronica ma la metallurgia è praticata e le grandi navi da trasporto che consentono i commerci e le comunicazioni sul pianeta, un po’ come avveniva nell’acqueo Mondo degli showboat di Jack Vance o sul Pianeta gigante, sono, a loro modo, capolavori di ingegneria. Ai nostri lettori offriamo dunque un doppio divertimento: l’avventura planetaria più pura unita al gusto moderno, visuale, quasi da graphic novel della tecnologia steampunk. Con la promessa di tornare sull’argomento se il vostro gradimento lo permetterà e di arricchire la collana “Millemondi” con altre escursioni nei cicli completi di autori italiani ed internazionali.

Giuseppe Lippi